Shopper in plastica: un dibattito sempre aperto

Il mercato nazionale assorbe circa 200 mila tonnellate di shopper in plastica. Uno studio francese ha valutato l’intero ciclo di vita per quattro tipi di sacchetti per la spesa. Per alcuni parametri il sacchetto in polietilene risulta migliore degli altri monouso in carta e in biopolimeri. <i>[A cura di Michele Lovati - Pubblicato su Rassegna dell'imballaggio 8, Settembre 2010]</i>

Nell’ambito della Legge Finanziaria per il 2007 è stato previsto, con decorrenza 1 gennaio 2010, il divieto “della commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l’asporto delle merci che non rispondano entro tale data, ai criteri fissati dalla normativa comunitaria e dalle norme tecniche approvate a livello comunitario”.


Nella stessa Finanziaria si subordinava tale divieto, in seguito posticipato all’1 gennaio 2011, ad un programma di studi e sviluppi delle migliori tecnologie, della durata di circa un triennio, che facilitasse la graduale sostituzione dell’attuale produzione di shopper con quelli in biopolimero, carta o cotone, ed allo stesso tempo garantisse il contenimento dei costi per i soggetti coinvolti, ed il raggiungimento di più alti livelli di tutela dell’ambiente e di qualità del servizio.


Ad oggi il programma non ha ancora trovato avvio, perché non sono stati ancora emanati i decreti attuativi, e questa assenza parrebbe rendere non immediatamente efficace, per incompletezza del contenuto precettivo, il divieto di commercializzazione dei sacchi non biodegradabili. Motivo principale di questo impasse è che la norma approvata nella Finanziaria 2007 traeva ispirazione da un decreto francese, reso non efficace dalla procedura di infrazione ad opera della Commissione Europea, definita sulla base di un disallineamento tra il decreto francese e la direttiva UE 94/62 (packaging & packaging waste). Da sottolineare che non esiste nessuna direttiva europea che preveda la messa al bando dei sacchetti di plastica e che, anzi, proprio la direttiva europea sui rifiuti vieta espressamente l’introduzione di norme atte a creare distorsioni di mercato.


Anche la plastica ha il suo perché


Il polietilene, di cui sono costituiti i sacchetti, è un materiale che non provoca danni all’ambiente, anzi, è il polimero più riciclato e più riciclabile. Inoltre, il sacchetto in plastica, utilizzato dal consumatore per l’asporto di merci, non ha nemmeno un impiego temporalmente limitato, ma un uso ripetuto: viene impiegato più volte dai consumatori per il suo uso primario, ed ha una destinazione finale per la raccolta di rifiuti, garantendo la tutela di norme igienico-sanitarie.


Il ciclo di vita di un sacchetto in polietilene è stato analizzato da Ademe (l’agenzia francese per la protezione dell’ambiente, ndr), che ha effettuato un’analisi del ciclo di vita dei sacchetti per la spesa, confrontando gli impatti ambientali dei diversi tipi di sacchetti attualmente a disposizione dei consumatori. Sono stati considerati otto indicatori: consumo di energia da fonti non-rinnovabili, consumo di acqua, emissioni di gas serra, acidificazione atmosferica, produzione di ossidanti fotochimici, eutrofizzazione, produzione di residui solidi, rischio connesso all’abbandono nell’ambiente.


Nella valutazione di Ademe il sacchetto in polietilene è risultato migliore degli altri monouso (in biopolimeri ed in carta) con riferimento al consumo di energia, di acqua, di emissioni di gas serra ed alla produzione di rifiuti. I sacchetti riutilizzabili in PE, se riutilizzati almeno 4 volte, offrono la maggiore potenzialità di riduzione dell’impatto ambientale.


Il punto di vista delle catene commerciali


Cosa succederà nel 2011? Come abbiamo visto, la norma c'è ma di fatto non c'è, e non sembra ci siano i tempi tecnici perché vengano emanati i decreti attuativi. Per legge non dovrebbe accadere nulla: la scelta di ridurre l’utilizzo della plastica sarà lasciata alla coscienza ecologica dei consumatori e alle valutazioni di convenienza delle singole catene commerciali. Queste ultime, da tempo, stanno valutando diverse soluzioni all’insegna dell’ecologia, realizzate con materiali biodegradabili, riciclati o riutilizzabili.



Coop è stata la prima catena in Italia a sostituire completamente, in 500 negozi della propria rete di vendita, le buste di plastica usa e getta. La prima è stata Unicoop Firenze, poi hanno detto addio definitivo agli shopper di plastica anche Sait (la rete delle cooperative trentine), Coop Adriatica, che li ha eliminati dalla propria rete in Emilia, Veneto, Marche e Abruzzo, Coop Reno, Coop Consumatori Nordest e Unicoop Tirreno con nuovi sacchetti completamente biodegradabili. Il resto della rete di vendita è già coinvolto in un piano che prevede, di pari passo con l’aumento della sensibilità sul tema da parte di soci e consumatori, il graduale abbandono dei tradizionali sacchetti di plastica. Al loro posto si possono scegliere o sacchetti biodegradabili o sacche resistenti e riutilizzabili in stoffa o polipropilene.



Esselunga, oltre 10 anni fa, è stata una delle prime aziende della GDO italiana ad introdurre sacchetti biodegradabili e compostabili come supporto alla raccolta dell’umido, allora in fase embrionale. In alternativa agli shopper propone un’ampia scelta di borse per la spesa riutilizzabili, in cotone, raffia, juta, polipropilene o carta, accompagnata da incentivi al riutilizzo connessi alla carta fedeltà. È inoltre disponibile una nuova borsa di carta con certificazione PEFC, che promuove la gestione sostenibile delle foreste. Esselunga ha anche realizzato sacchetti in materiale riciclato all’80%, con il marchio “,Plastica Seconda Vita” di IPPR, da utilizzare nella consegna a domicilio per le spese on-line, che eviteranno l’immissione di nuova plastica per 72 t annue.


Anche Crai propone sacchetti in bio-plastica, da materie prime di origine vegetale, al 100% biodegradabile e compostabile, shopper in carta Avana, certificati ecosostenibili, e lo shopper ecoLoop, realizzato con almeno l’80% di plastica riciclata, anch’esso con il marchio “,Plastica Seconda Vita”, che garantisce l’utilizzo di meno di un decimo di petrolio rispetto ai sacchetti tradizionali e una riduzione del 60% delle emissioni di CO2 nell’atmosfera. Sacchetti di questo tipo sono utilizzati anche dalle catene SIGMA, ECU, IN’s e Bricocenter. Per questi sacchetti, composti in prevalenza con plastica riciclata, non vengono utilizzati gli scarti dei produttori di shopper, ma spesso anche gli scarti di plastica raccolti dai propri clienti: le materie prime sono sottratte alla discarica per assurgere a nuovi sacchetti. Anche se in plastica, potrebbe essere questa la migliore soluzione ecologica in tema di shopper.


E VOI CHE NE PENSATE??? AVETE QUALCHE INIZIATIVA DA SEGNALARCI IN MERITO ALL'UTILIZZO DI SHOPPER BIODEGRADABILI O "ALTERNATIVI"?