Il futuro del packaging è nella capacità di innovare

Durante il Cibus Tec Forum di Parma si è tenuto il Vertical Showcase “Le tendenze future del packaging” promosso da Smart Packaging Hub, l’iniziativa nata dall’idea di sei aziende che per la prima volta hanno potuto dare vita ad un evento in presenza.
La prima edizione di Cibus Tec Forum, la mostra-evento dedicata alle tendenze future delle tecnologie per il food&beverage e il packaging, organizzata da Koeln Parma Exhibitions, si è svolta il 25 e 26 ottobre a Parma con la partecipazione di 150 aziende espositrici tra partner tecnologici, innovatori e startup provenienti da 12 nazioni in rappresentanza di tutte le filiere tecnologiche per l’industria alimentare e delle bevande. 

Uno degli appuntamenti più apprezzati della giornata di apertura è stato il primo Vertical Showcase dal vivo organizzato da Smart Packaging Hub sul tema “Le tendenze future del packaging”. L’evento ha rappresentato un’occasione unica per entrare in contatto con le sei aziende che danno vita all’innovativa piattaforma e per scoprire le tendenze che interesseranno il settore del packaging nel prossimo futuro. 

Alla scoperta dello Smart Packaging Hub

I lavori dello showcase sono stati aperti da Paola Fraschini, Marketing Manager di Cama Group, che ha spiegato: “Baumer, Cama, Clevertech, Opem, Tosa e Zacmi sono le sei aziende che hanno creato Smart Packaging Hub e che oggi sono tutte rappresentate qui a Parma. Si tratta di una piattaforma virtuale ma costituita da aziende reali. Per conoscere meglio questa iniziativa è sufficiente registrarsi, gratuitamente, su www.smartpackaginghub.com. Accedendo all’hub è possibile scoprire chi siamo, cosa facciamo, scaricare contenuti di livello come articoli, white paper, case history, video che ci raccontano, che raccontano le richieste del mercato e che vi possono aiutare nel lavoro di tutti i giorni. Grazie a questa piattaforma negli ultimi anni abbiamo potuto creare tanti eventi virtuali e numerosi webinar che sono disponibili on demand sul sito. E finalmente oggi siamo qui in presenza, con voi”. 

La parola è poi passata al moderatore dell’incontro, Alvaro Gafaro, Senior Business & Strategy Consultant: “Da sempre l’essere umano si domanda cosa accadrà in futuro. Se quarant’anni fa le aziende facevano piani quinquennali per prepararsi al futuro, in base alla mia esperienza di consulente posso dire che oggi le aziende al massimo programmano l’anno fiscale. Tantissime aziende stanno avendo problemi con le consegne, tanto che si arriva a pensare che ora come ora sia impossibile programmarle. Allora perché provare a immaginare il futuro? Perché se non proviamo ad immaginare e a comprendere quello che ci aspetta ci troveremo sicuramente impreparati. Può essere che quello che arriverà non sarà ciò per cui ci eravamo preparati ma prepararsi rimane fondamentale”.

Trasformare la crisi in opportunità

L’incontro è entrato nel vivo con la testimonianza di Giuseppe Reggiani, Amministratore Delegato di Clevertech, società specializzata in soluzioni integrate per il fine linea, che si è concentrata in particolare sul legame tra l’evoluzione del packaging e la Grande Distribuzione. 

L’intervento di Reggiani è iniziato con un ricordo del momento in cui l’Italia è entrata in lockdown, l’8 Marzo 2020: “Avevamo l’azienda piena di impianti, aspettavamo 20-30 persone per collaudarli. In quel momento abbiamo saputo trasformare un momento di crisi in opportunità, imparando a collaudare e vendere a distanza i nostri impianti grazie all’utilizzo della tecnologia e siamo riusciti ad accontentare tutti i nostri clienti che operavano nel settore Home & Personal Care, prodotti molto richiesti in quel periodo”. 

Parallelamente, negli ultimi due anni Clevertech è entrata nel mercato dell’e-commerce, esploso durante la pandemia. “Siamo entrati in contatto con le principali aziende del settore e ci siamo trovati di fronte ad un mondo a noi sconosciuto, dove arriva una certa quantità di prodotti tutti diversi, che vanno riconosciuti, catalogati e impacchettati per poi gestire la spedizione al cliente finale. Abbiamo dovuto conoscere in modo profondo il processo produttivo che serviva automatizzare, abbiamo creato dei prototipi nella nostra azienda per capire se potevano funzionare e subito dopo abbiamo dovuto gestire anche la fornitura di apparecchiature tutte uguali. Abbiamo rivoluzionato la nostra organizzazione interna, creando una operation unit dedicata che segue le esigenze di questo settore. Ci sono periodi dell’anno in cui si concentrano maggiormente le spedizioni e in cui dobbiamo garantire assistenza h/24. L’opportunità unica per Clevertech di fornire automazione a chi produce beni di consumo e servire chi distribuisce tali beni ci ha fatto capire che il packaging del domani sarà sempre più piccolo e possibilmente sempre con meno materiale d’imballo per favorirne la distribuzione nell’e-commerce, magari seguendo il fenomeno della containerizzazione”. 

L’evoluzione del packaging secondario 

La parola è quindi passata a Cristian Sala, Sales Executive Manager di Cama: “L’imballaggio secondario con il tempo è diventato più di un semplice ‘contenitore’, è un concentrato di informazioni e all’interno dell’azienda ci siamo dati delle griglie per leggere il futuro e i trend del packaging. La prima parola chiave che abbiamo individuato è ‘sostenibilità’, una parola che sentiamo ovunque, tutti i giorni, e che declinata nel nostro mondo significa innanzitutto utilizzare materiali che abbiano una durata di vita più lunga o che possano essere riciclati o riutilizzati, come ad esempio carta, cartone, cartone ondulato, tessuto non tessuto. Cama ha sempre lavorato soprattutto con la carta e negli ultimi anni tanti clienti ci hanno chiesto di aiutarli a cambiare i loro imballaggi in un’ottica di maggiore sostenibilità. Il materiale porta con sé un discorso di brand, di eticità. Multinazionali come Nestlè hanno fissato l’obiettivo di diventare pienamente sostenibili entro il 2025. Per noi produttori di macchine l’obiettivo si sposta al 2030, per poter adeguare tutto il comparto. Le aziende ormai legano il discorso del marchio a un discorso di sostenibilità, credibilità ed eticità. Come dicevamo, il packaging, in generale, racchiude sempre più informa-zioni. Non solo il brand ma informazioni sul prodotto, sugli ingredienti, sulla tracciabilità, veicolate sempre più spesso anche attraverso i QR code. Passare da un imballaggio in plastica a uno in cartone significa per noi spesso cambiare le nostre linee di produzione, creare tecnologie diverse rispetto a quelle che avevamo nel portafoglio. Vuole dire creare unità nuove. Avevamo già un dipartimento di packaging che si occupava nello specifico dei materiali, ora l’abbiamo potenziato”

Secondo Sala, uno dei trend più evidenti dell’ultimo periodo è la razionalizzazione del packaging. “Ad esempio noi stiamo lavorando ad un progetto in cui il packaging di un cibo precotto è allo stesso tempo il contenitore che puoi mettere nel microonde, il piatto in cui mangiare ed alla fine diventa riciclabile”. 

Una domanda dal pubblico ha fatto nascere una riflessione sul possibile ritorno di una pratica come quella dell’utilizzo del vuoto a rendere. “In Europa ci sono esempi che vanno in questo senso – ha risposto Massimo Pavani, Senior Sales di Baumer ma bisogna sempre considerare i pro e i contro. Il fatto di avere contenitori di ritorno, ad esempio in vetro, va considerato alla luce dei consumi energetici che deve sostenere chi ritira e deve rimettere in circolazione questi contenitori. L’azienda che li deve trasportare e lavare (con costi drammatici in questo momento) difficilmente può sostenere a lungo una situazione simile”. 

Sul tema si è espresso anche Luca Carollo, Business Develop Manager di Clevertech: “In questi giorni ospitiamo un’azienda australiana che sta facendo il collaudo di un impianto che prevede tre robot per effettuare la palettizzazione di sei prodotti di-versi. Questa azienda produce frutta secca in sacchettini distribuiti al supermercato in cassette di plastica che poi vengono usate per l’esposizione, piegate e riutilizzate per il processo successivo. Questa tendenza arriva dall’e-commerce. Il principale player mondiale che noi abbiamo tra i nostri clienti gestisce nella supply chain tutti i prodotti in cassette di plastica. Secondo noi si sta affermando una tendenza che sottolinea come i cartoni usati in un certo modello di supply chain creino un extra di lavoro (perché vanno aperti e successivamente smaltiti) mentre la cassetta di plastica è più user friendly per chi fa e-commerce”. 

La rivincita dell’alluminio (costi permettendo) 

Un approfondimento sull’alluminio e le lattine è stato al centro dell’intervento di Giovanni Motta, Sales and marketing manager di Zacmi, società che realizza macchinari, linee complete e impianti per l’industria alimentare: “Per la commissione mondiale dell’ambiente e dello sviluppo uno sviluppo sostenibile è tale se permette di soddisfare le esigenze di oggi senza compromettere le esigenze delle generazioni future. L’alluminio presenta il miglior rapporto prezzo-prestazioni nel riciclo poiché riciclando un kg di alluminio si risparmiano 6 kg di bauxite, 4 kg di prodotto chimico e 14 kWh. Producendo un contenitore in alluminio partendo da rottami si utilizza solo il 5% dell’energia che sarebbe necessaria per produrlo ex novo. Il 70% dell’alluminio mai prodotto sulla terra è tuttora utilizzato perché viene riciclato n volte. Anche le lattine in banda stagnata sono completamente riciclabili ma hanno un rapporto prezzo-prestazioni inferiore. Secondo le statistiche dell’ente nazionale americano che controlla la pro¬duzione dell’alluminio nel 2020 sono state prodotte 250 miliardi di lattine d’alluminio e ci aspettiamo per il 2025 una produzione di 406 miliardi di pezzi (+ 3% medio all’anno) mentre il giro d’affari dovrebbe passare dai 22,6 miliardi di dollari del 2020 a oltre 30 nel 2025. Nella nostra esperienza stiamo assistendo a un grande revamping della lat¬tina, spesso presentata in forme diverse e innovative. Questo ritorno probabilmente è legato alla ‘guerra indiscriminata’ contro la plastica monouso. Per il consumatore medio la plastica è percepita come se fosse tutta uguale, anche se in realtà non è così”. Il problema attuale dell’acciaio è naturalmente legato all’incremento del valore, cresciuto di oltre il 6% all’anno a causa dei rincari delle materie prime. Diverse aziende riconoscono che l’alluminio sia una scelta sostenibile ma in questo momento storico non riescono ad utilizzarlo a causa dei costi troppo elevati.

Quattro elementi “non sostenibili” 

È stato quindi il turno di Ombretta Sarassi, General manager di OPEM, che si è concentrata non tanto sul concetto di sostenibilità quanto su cosa invece non sia sostenibile per le aziende del settore: “La nostra è una media azienda, è importante ricordare che l’Italia è fatta di tante piccole e medie aziende. Mi soffermo in particolare su quattro aspetti che secondo me non sono sostenibili ma che si sono inseriti saldamente nelle nostre realtà. Il primo punto è come le grandi aziende ci vengono a proporre i contratti d’acquisto. Dovremmo far presente alle Università e alle multinazionali che quando vengono ad acquistare i nostri impianti, che sono ad altissima tecnologia, tutto il lavoro fatto fino a quel momento rischia di perdersi perché occorrono mesi per elaborare contratti ‘incredibili’. Il secondo punto non sostenibile del nostro sistema è la delocalizzazione di prodotti che noi riteniamo ‘poveri’ in Paesi di cui non conosciamo lo spirito o il sistema. Oggi mancano materiali, PLC, schede elettroniche perché ormai questo know how non è più in Europa. Terzo aspetto critico è quello che chiamo ‘tecnologia delirante’. Siamo ormai arrivati al 5.0, una digitalizzazione a cui tutti ci dobbiamo adeguare. Ultimo aspetto è quello legato al Grande Consumo. Il consumatore richiede la sostenibilità e la lunga vita dei prodotti e questo comporta una situazione di continue sperimentazioni, nel settore dei film in particolare. Ma sul lungo periodo non è sostenibile continuare a cambiare, continuiamo a correre rischiando di perdere di vista il benessere delle persone, delle risorse umane”. 

Per quanto riguarda in particolare l’attività di Opem, “noi produciamo impiantistica per i prodotti primari. Siamo partiti con la pasta e poi siamo arrivati al caffè. Nel caffè esiste ancora il valore aggiunto perché è diventato una moda e nella moda tutti si possono esprimere. Da tempo si sta lavorando su capsule sostenibili: quelle in alluminio lo sono ma il vero obiettivo è raggiungere la compostabilità”. 

Nuove richieste dal mercato 

La parola è passata a Baumer, rappresentata da Massimo Pavani, che è partito da una riflessione generale. “Voglio chiedere al pubblico se si ricordano quanto pesassero le bottiglie di acqua in PET negli anni ’90 e quanto oggi. Sul packaging primario è stato fatto molto in questi anni. Il PET non può essere facilmente sostituito ma il peso della plastica è stato notevolmente diminuito, sono state introdotte plastiche innovative e si usa tanta plastica riciclata. C’è in alcune aziende ‘nobili’ la volontà di sostituire in toto la plastica con il PLA, un acido che viene dal mais. La filiera del packaging è sensibile al discorso dell’eco-sostenibilità, anche del packaging secondario”.

Il discorso si è poi focalizzato sull’attività di Baumer: “Noi produciamo incartonatrici, fardellatrici e macchine combinate per il confezionamento secondario. Negli ultimi anni ci siamo trasformati a livello tecnologico per poter utilizzare film sempre più sottili, minimizzando quelli che sono gli impatti dei consumi energetici delle macchine. Per mettere delle bottiglie d’acqua in un fardello con un film termoretraibile bisogna utilizzare macchine che sono molto dispendiose, dopo la soffiatrice delle bottiglie sono quelle che consumano più energia. Le aziende di e-commerce con cui collaboriamo ci chiedono di avere la massima protezione dei prodotti, utilizzando cartoni riciclati ma che offrano un alto grado di protezione, ancor di più se il prodotto è premium. Baumer ha sviluppato macchine con cui consente l’automazione di confezioni di questo tipo. Stiamo lavorando sulla protezione dei prodotti e sulla riciclabilità grazie all’uso di cartone, carta, cartoncino teso. Siamo una piccola-media azienda che lavora anche con multinazionali che ci chiedono velocità, performance etc ma siamo consapevoli che, nel nostro ‘piccolo’, possiamo contribuire alla salvaguardia del pianeta con le soluzioni che proponiamo ai nostri clienti”. 

La sostenibilità nel packaging terziario 

L’ultimo intervento della giornata è stato quello di Fabio Tosa, Managing Director di Tosa Group: “Da oltre 40 anni produciamo macchine per il packaging di fine linea, con un focus nel food&beverage. L’Unione Europea è in prima linea nella lotta contro l’inquinamento da plastica monouso (single use plastics) e la nuova normativa ha come obiettivo una forte riduzione dell’uso della stessa. La sostenibilità da sempre gioca un ruolo chiave per la nostra azienda, senza dimenticarci che la nostra mission è quella di farci carico con la massima efficienza della stabilizzazione e protezione di qualsiasi carico pallettizzato. Seguendo le linee guida della norma EUMOS che stabilisce come testare la stabilità di un carico a breve installeremo presso il nostro Headquarters un banco di accelerazione che permetterà ai clienti di testare i carichi palettizzati, definendo il ciclo di avvolgimento ottimale per il loro prodotto e minimizzando così anche i consumi di film”. 

Recentemente Tosa Group si è aggiudicata un premio al concorso “All4Pack Innovations 2022” nella categoria “Materiali del futuro”. Fabio Tosa ha spiegato: “Abbiamo ricevuto input chiari da aziende che vogliono eliminare del tutto gli imballaggi plastici non riutilizzabili nel giro di pochi anni. Per questo abbiamo deciso di esplorare il mondo del paper wrapping. Al fine di aiutare le aziende a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità, sono già state presentate diverse soluzioni tecniche di imballaggio con carta Kraft, che risulta adatta solo per avvolgere prodotti pallettizzati con un perimetro geometrico e regolare. La domanda dei nostri clienti riguarda invece un’ampia gamma di prodotti pallettizzati: la vera sfida è quindi quella di imballare con la carta carichi non uniformi. È nato così un progetto R&D, che ha permesso di ottenere una carta in grado di adattarsi perfettamente al pallet. La carta viene “deformata” e le sue fibre si allungano fino al 40%, migliorando l’adattabilità al perimetro del prodotto pallettizzato e la forza contenitiva. In seconda battuta è stata sviluppata una vera e propria macchina avvolgitrice che avvolge con la carta. La vera svolta sarà quando i produttori di carta riusciranno a presentare sul mercato un prodotto capace di rispondere a tutte le esigenze di packaging terziario”.

Per maggiori info su Smart Packaging Hub: www.smartpackaginghub.com
Prodotti e tecnologie: TOSA | CLEVERTECH | BAUMER | CAMA GROUP
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