Mulino Bianco e le sue "Storie di frutta"

Un’elevata quantità di purea di frutta, zero conservanti o additivi ed un confezionamento in asettico con barriera attiva contro l’ossidazione: sono questi alcuni dei tratti distintivi dell’ultima novità che arricchisce il “paniere” di Mulino Bianco. Con il responsabile packaging di Barilla vediamo i dettagli tecnici della confezione. <i>[Pubblicato su Rassegna dell'imballaggio 6, giugno 2010]</i>

Pur essendo un marchio storico e ampiamente noto, Mulino Bianco conserva la capacità di rinnovarsi, sorprendendo i suoi affezionati consumatori. L'ultima novità “sfornata” dal “mulino più famoso d'Italia” è "Storie di frutta", una gamma di frullati di frutta “smoothie” disponibili in tre versioni.


Le nuove bevande di Mulino Bianco sono fatte al 100% di frutta, contengono un'elevata quantità di purea (dal 50 al 70%, a seconda del mix) e sono prive di conservanti, aromi, acqua, zucchero e additivi. Sono disponibili in tre differenti gusti: mix di frutta bianca (mela, banana e pera), di frutta rossa (lampone e mirtillo) e di frutta gialla (pesca, uva e albicocca).


A definire la natura ed il posizionamento di "Storie di frutta" non è soltanto l’alta qualità del prodotto ma anche tutta una serie di caratteristiche distintive legate al processo e al confezionamento. Le nuove bevande sono infatti prodotte utilizzando una tecnologia all’avanguardia che prevede un processo di pastorizzazione in grado di eliminare tutti i batteri e i microrganismi dannosi ed un confezionamento in ambiente asettico. Questi processi garantiscono la sicurezza del prodotto, una shelf-life più lunga e la possibilità di non dover conservare necessariamente il prodotto in frigo. In aggiunta, Mulino Bianco garantisce la qualità della bevanda nel tempo grazie ad una speciale confezione “barrierata”: nella bottiglia e nel tappo è stato infatti utilizzato un materiale particolare, che è capace di assorbire l’ossigeno interno e ne evita il contatto con quello esterno, contrastando qualsiasi tipo di reazione che accorcerebbe la vita del prodotto. Il tutto anche nel rispetto dell’ambiente dato che le confezioni ed il materiale “barriera” sono 100% riciclabili. Ecco quindi che “Storie di Frutta” può garantire una scadenza a lungo termine e la conservazione fuori dal frigo mantenendo nel tempo il livello di qualità e di gusto e le proprietà organolettiche, il tutto sempre senza ricorrere a conservanti.


DALLA NATURA ALLA BOTTIGLIA

Per conoscere meglio la nuova proposta di Mulino Bianco abbiamo parlato con Michele Amigoni, Responsabile dell’Unità Packaging Design di Barilla, che ci ha illustrato i dettagli relativi al processo di confezionamento di “Storie di frutta”. «Le nostre bevande sono sottoposte ad un trattamento termico di pastorizzazione che viene poi seguito dal confezionamento in ambiente asettico. Lavoriamo da preforme in poliestere, con additivi oxigen scavanger, ovvero assorbitori di ossigeno. Interpretiamo la norma sugli imballaggi attivi in modo molto restrittivo ed infatti, così come avviene anche per Alixir, l’altra nostra gamma di bevande, scriviamo sulla bottiglietta “Imballaggio a barriera attiva contro l’ossidazione”. Per quanto riguarda l’imbottigliamento e la chiusura vorrei sottolineare una particolarità: effettuiamo un dosaggio di azoto nello spazio di testa della confezione per eliminare il più possibile l’ossigeno e la quantità residua viene poi eliminata dalla cialda con assorbitore presente nel tappo. Il packaging è stato infatti studiato in modo da garantire una migliore qualità del prodotto riducendo in primis l’ossigeno residuo all’interno dello spazio di testa e successivamente l’ossigeno che permea attraverso la confezione, per mantenere il prodotto nelle migliori condizioni possibili. Tutto questo processo viene validato attraverso un rigoroso risk assessment, nel pieno rispetto delle normative vigenti. Per ogni soluzione d’imballaggio svolgiamo la valutazione dei rischi in modo approfondito e completo, considerando migrazioni totali e specifiche, lavorando con la filiera, coi nostri fornitori e coi fornitori dei nostri fornitori». Per quanto riguarda l’etichetta l’azienda ha deciso di utilizzare una sleeve termoretraibile in poliestere stampata con una offset in bobina.


IL “PESO” DELL’IMBALLAGGIO

Il Responsabile dell’Unità Packaging Design di Barilla ha espresso la sua opinione anche in merito alle misure preventive adottate per la riduzione del peso e del volume degli imballaggi, in questo caso specifico ma non solo. «Lavoriamo da tantissimi anni sul tema della prevenzione ed ogni nostro progetto viene valutato non solo per le performance funzionali, per le caratteristiche di presentazione del prodotto sullo scaffale, di funzionalità convenience (sia per le persone che utilizzano il nostro prodotto che per il retailer) ma anche da un punto di vista di impatto ambientale, cercando di minimizzare sia i volumi che la quantità di materiale utilizzata e perseguendo, per quanto possibile, l’omogeneità dei materiali. In questo caso, ad esempio, la decisione di avere involucro esterno ed etichetta entrambi in poliestere deriva da una precisa scelta per massimizzare la riciclabilità. Abbiamo lavorato anche per utilizzare la preforma più leggera possibile, compatibilmente con il processo di stretch blow moulding. Il tutto sempre validato attraverso un’analisi di Life Cycle Assesment che usiamo come strumento di confronto tra soluzioni alternative». Per quanto riguarda il “peso” dato da Barilla al packaging, ovvero l’importanza che gli viene attribuita, «si tratta del peso che deve dare un’azienda che produce beni alimentari di largo consumo di marca. Il packaging è uno degli elementi che costituiscono uno strumento di valutazione, fin dalle prime fasi di ideazione del prodotto. Il nostro approccio è quello di progettare sistemi di confezionamento completi e infatti chi fa progettazione da noi gestisce il packaging primario, secondario e terziario, progettando quindi un imballaggio completo, mirato alla massimizzazione del sistema prodotto - imballo». Uno sguardo infine all’ideazione dell’aspetto grafico della confezione che riprende i classici codici di comunicazione molto cari al brand. «La nostra unità di packaging design - conclude Amigoni - si occupa di ideare, sviluppare ed industrializzare le soluzioni. Di solito, ed anche per “Storie di frutta”, ci occupiamo internamente degli aspetti più strutturali del progetto mentre lo sviluppo creativo della grafica viene realizzato dall’agenzia che gestisce la singola marca, e in questo caso specifico è stata la Futurebrand di Milano».


IL TERMINE SMOOTHIES

Le bevande “Storie di frutta” vengono definite da Mulino Bianco come “frullati di frutta” o “smoothie”. La prima definizione indica una bevanda fatta al 100% di frutta, con un alto contenuto di purea. La parola “smoothie” merita invece un approfondimento. Questo termine deriva dall’inglese “smooth” che significa liscio, morbido, vellutato; un aggettivo molto diffuso, che in origine non aveva alcun legame con il mondo della frutta o con l’alimentazione in generale. Nel 1935 la Bowey’s Incorporated di Indianapolis lo utilizza per lanciare sul mercato uno sciroppo a base di cioccolato: è la prima volta che il temine smoothie viene utilizzato per indicare qualcosa di liquido e commestibile. Bisogna aspettare la metà degli anni ’60 perché la parola smoothies venga utilizzata per indicare frullati a base di frutta fresca, spremute di frutta e ghiaccio, con l’eventuale aggiunta di latte o yogurt. Un nuovo modo di bere che in breve diventa sempre più popolare, diffondendosi negli anni ’80 fino a consolidarsi nel decennio successivo. Ma è solo a partire dal 2000 che l’industria degli smoothies ha intrapreso una crescita senza battute d’arresto. Gli smoothies sono oggi parte integrante delle abitudini alimentari quotidiane e rappresentano la via più semplice e pratica per rispettare il motto dei nutrizionisti americani “Drink your health”, con cui invitano a consumare ogni giorno cinque porzioni di frutta e verdura. Negli ultimi anni gli smoothies stanno conquistando mercati emergenti del Nord e Centro Europa e nel 2009 sono stati introdotti anche in Italia.