L’economia circolare si fonda su un modello che considera i rifiuti vere e proprie materie prime e in cui il riutilizzo e il riciclo diventano la norma. La transizione a una circular economy e il futuro degli imballaggi in Italia sono questioni fondamentali per il mondo del packaging.
La nuova direttiva europea sui rifiuti-circular economy, giunta alla fase finale di approvazione, mira a ridurre il prelievo di risorse naturali e gli sprechi, indicando anche obiettivi di riciclo degli imballaggi del 65% al 2025 e del 75% al 2030. La ripresa economica, gli acquisti on-line, la globalizzazione dei commerci, i nuclei familiari sempre più piccoli, hanno generato un aumento di imballaggi del 2% negli ultimi 5 anni (+2,2% tra il 2015 e il 2016): l’aumento dei rifiuti d’imballaggio rende quindi più impegnativi gli stessi obiettivi di riciclo.
A 20 anni dal Dlgs 22/97 e di fronte alla ormai imminente approvazione della nuova direttiva per contribuire a una riflessione sugli sviluppi futuri di questo importante settore si è svolto all’Università Bocconi di Milano il convegno “La transizione ad una circular economy e il futuro del riciclo degli imballaggi in Italia”, organizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, CONAI, IEFE-BOCCONI ed ENEA.
“L’Italia – ha rilevato Gian Luca Galletti, Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – è fra i Paesi che punta con più decisione ad una rapida transizione verso l’economia circolare, che sarà un potente driver di sviluppo economico nei prossimi decenni. I target in discussione in sede comunitaria sono alla nostra portata perché abbiamo un sistema che funziona, il sistema consortile, che è una esperienza italiana che in Europa è considerata un modello da imitare. Gli obiettivi dell’Unione Europea sono molto ambiziosi, fra il 75 e l’80% di riciclo al 2030, ma il trend di crescita di differenziata e riciclo degli imballaggi è tale da farci guardare al futuro con la fiducia di chi ha creato un buon sistema che va implementato e sostenuto”.
”L’Italia – ha affermato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – si trova in una posizione favorevole per raggiungere i nuovi target europei di riciclo degli imballaggi. Il sistema Conai-Consorzi di filiera ha già raggiunto e superato l’obiettivo del 65% al 2025, essendo già al 67%. Ma gli obiettivi 2030 sono più impegnativi da centrare in particolare visto il trend di crescita delle quantità immesse al consumo”.
POLITICHE DI PREVENZIONE E RIUTILIZZO
Per raggiungere i nuovi obiettivi occorrerà migliorare le politiche di prevenzione e di riutilizzo, migliorare la riciclabilità in particolare in alcune filiere, potenziare lo sbocco dei materiali riciclati e rafforzare e migliorare qualità e quantità delle raccolte differenziate. Cinque regioni del Sud (Basilicata, Puglia, Molise, Calabria, Sicilia) non arriverebbero infatti al 65% di raccolta differenziata al 2025 necessari per avere un riciclo del 60% e senza un’iniziativa nazionale coordinata per recuperare i ritardi. Questi nuovi obiettivi di circular economy sollecitano anche innovazioni tecnologiche e organizzative.
"Nel quadro della transizione verso l'economia circolare – ha osservato Roberto Morabito, Direttore del Dipartimento Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali dell’ENEA – ENEA è impegnata in interventi e attività per il miglioramento delle performance relative all'intero ciclo di vita degli imballaggi, dalla scelta delle materie prime al fine vita, a supporto di consorzi, imprese e PA”.
NUOVI TARGET AL 2030
Rilevante è anche il tema degli investimenti che saranno richiesti per raggiungere i nuovi target di riciclo al 2030. Aumentando sia le quantità di rifiuti di imballaggio che la quota che dovrà essere raccolta e avviata a riciclo, i costi della corretta gestione dei rifiuti tenderanno ad aumentare in modo significativo. Questo in un contesto in cui il riciclo è economicamente conveniente solo per alcuni materiali e dipende, sempre e comunque, dai prezzi di mercato delle materie prime vergini equivalenti, generalmente molto variabili. Un’ulteriore sfida è data dal fatto che maggiori quantità riciclate richiederanno mercati in grado di assorbire questa nuova offerta. La selezionabilità e riciclabilità degli imballaggi e le caratteristiche qualitative delle materie prime seconde ricavate saranno elementi chiave per lo sviluppo di tali mercati. L’aumento del riciclo comporta rilevanti vantaggi ambientali (risparmi di materiali, di energia, di emissioni di gas serra e di altre emissioni), ma questi vantaggi ambientali non sono riconosciuti, o lo sono solo in parte, dai prezzi di mercato. Una riflessione sulle prospettive future non può quindi trascurare le attuali dinamiche di mercato né le possibili soluzioni per assicurare la corretta valorizzazione delle materie prime seconde derivanti dal riciclo degli imballaggi.
“Il raggiungimento degli obiettivi di riciclo al 2030 posti dall’Unione Europea per il settore degli imballaggi comporterà un aumento dei quantitativi di rifiuti da gestire, ma anche importanti benefici occupazionali ed ambientali – ha affermato Edoardo Croci, coordinatore di GEO-Green Economy Observatory dello IEFE-Università Bocconi – Dai risultati del nostro modello, il raggiungimento dei target nel 2030 comporterà un aumento dell’occupazione diretta nel settore di circa 15.000 unità rispetto al 2015 e il risparmio di circa 18 milioni di tonnellate di CO2eq. Se monetizzato, tale risparmio ammonterebbe a circa 1 miliardo di euro di esternalità evitate”.
“Guardare al futuro del riciclo degli imballaggi significa anche riconoscere i fattori di successo che in 20 anni hanno portato l’Italia a essere tra le best practice europee nel settore, con il riciclo da parte della gestione consortile di circa 50 milioni di tonnellate di imballaggi in acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro” ha commentato Giorgio Quagliuolo, Presidente di CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi). “Tra questi, la natura privatistica e imprenditoriale di Conai, da cui deriva la sua autonomia d’azione per il perseguimento degli obiettivi di riciclo e recupero, e il suo carattere no profit, che consente di incidere sull’intera filiera con misure di prevenzione. Da qui si può e si deve partire per raggiungere i nuovi ambiziosi obiettivi di recupero che stanno per essere fissati in sede europea”.
I NUMERI DEL RICICLO
L’economia circolare si fonda su un modello che considera i rifiuti vere e proprie materie prime, e in cui il riutilizzo e il riciclaggio diventano la norma.
In 20 anni, CONAI e i Consorzi di Filiera hanno avviato a riciclo 50 milioni di tonnellate di rifiuti di imballaggio, per un volume di 130 milioni di metri cubi, evitando l’emissione in atmosfera di 40 milioni di tonnellate di CO2. Dal 1998 ad oggi, si è passati dal riciclo di poco meno di 190mila tonnellate a poco più di 4 milioni di tonnellate del 2016.
Il riciclo dei rifiuti di imballaggio ha permesso il risparmio – nel solo 2016 – di 19 TWh di energia, pari al consumo di ben 11 centrali termoelettriche (superiori a 1 GWh), e ha contribuito a rendere florido un settore, quello della gestione dei rifiuti, che conta oggi 6.000 imprese e 155.000 addetti, continuando a crescere anche in periodo di recessione.
A questi numeri, per meglio considerare il ruolo economico e sociale del settore, dobbiamo aggiungere ulteriori 3.000 imprese e 180.000 addetti che hanno la loro ragione d’essere proprio nel recupero dei materiali.
Dal punto di vista strettamente economico, invece, il riciclo gestito da CONAI e dai Consorzi di Filiera ha generato nel 2016 benefici per 901 milioni di euro.
L’impegno di CONAI per lo sviluppo di una vera economia circolare trova concretezza anche nella diversificazione del contributo ambientale per gli imballaggi in plastica, deliberata nelle scorse settimane dal Consiglio di Amministrazione. Questa riforma ha permesso la modulazione del contributo versato dalle imprese per garantire il fine vita degli imballaggi sulla base di parametri legati alla selezionabilità e alla riciclabilità dei rifiuti, premiando a livello economico la produzione di imballaggi eco-sostenibili.