Nel commercio internazionale di vino, l’Italia gioca un ruolo da protagonista e rappresenta il secondo esportatore mondiale dopo la Francia grazie a 6,2 miliardi di euro di export nel 2018 ed un peso a livello mondiale del 20%, tra l’altro in aumento rispetto al 2008.
A trainare l’export italiano è la categoria degli sparkling in virtù dell’enorme successo del Prosecco su alcuni mercati chiave (primi fra tutti USA e UK): nel giro di 10 anni le esportazioni di spumanti sono più che triplicate, superando gli 1,5 miliardi di euro, arrivando a pesare per un quarto sul totale delle esportazioni vitivinicole italiane. Si riduce invece il ruolo dei vini imbottigliati (dal 78% al 69% dell’export totale) che registrano tassi di crescita decisamente meno sostenuti ma comunque positivi (+47% nell’ultimo decennio): nonostante ciò, essi rimangono la principale voce dell’export di settore con un valore di 4,2 miliardi di euro. In virtù di tali trend, il vino italiano, in particolare lo spumante, ha conquistato spazi di mercato nella gran parte dei mercati mondiali.
I primi mesi del 2019 sono positivi anche per la creazione di valore sul mercato interno, cresciuto, nei primi 4 mesi dell’anno, del 5,5% rispetto allo stesso periodo del 2018.
Il mercato degli spirits
Passando agli spirits, l’Italia si posiziona in 8^ posizione con un valore dell’export di 970 milioni di euro nel 2018 ed una market share a livello mondiale di appena il 4%, ma in crescita su base decennale negli scambi internazionali, a dominare sono UK (6,7 miliardi di euro di export, principalmente scotch) e Francia (4,5 miliardi di euro, con un peso predominante del cognac).
I liquori costituiscono la principale voce dell’export italiano di spirits: 405 milioni di euro nel 2018 ed un peso sul totale dell’export di settore del 42%. Grazie a tali valori, l’Italia si colloca al secondo posto a poca distanza dalla Germania nel ranking dei principali esportatori mondiali di tale tipologia.
Grazie alla forte crescita dell’export nel corso dell’ultimo decennio (+4,5%), i liquori Made in Italy sono riusciti a conquistare market share in numerosi mercati internazionali, primi fra tutti USA, UK e Francia.
Spostando l’analisi dagli scambi internazionali ai consumi nazionali, il mercato degli spirits in Italia è da anni in costante calo: -1,5% dal 2013 al 18 per 1,2 milioni di ettolitri consumati nel 2018. Aumenta però il valore soprattutto nel canale della GDO: nei primi 4 mesi del 2019 si registra un incremento del 10% con performance notevoli per spumanti, gin e rum.
Per quanto riguarda invece il vino, nello stesso anno in Italia ne sono stati consumati 22,9 milioni di ettolitri: dopo il calo degli ultimi decenni, nel 2016-17 i consumi hanno segnato una lieve ripresa per poi tornare a ridursi.
Le abitudini di consumo
Da un lato si registra un calo generalizzato dei consumi che è diventato un trend: il 23% dei consumatori ha dichiarato di aver ridotto negli ultimi 2-3 anni il consumo di amari/liquori dolci fuori casa (in ristoranti, winebar, altri locali), contro un 17% di chi ha riscontrato un aumento e un 60% di chi non ha notato cambiamenti. Il saldo si conferma negativo anche nell’ambito dei consumi fra le mura domestiche: hanno affermato di aver diminuito i consumi il 20% dei consumatori mentre è del 14% la quota di chi dichiara di aver aumentato le quantità bevute.
Inoltre, il consumo è sempre più legato al cibo e alla convivialità: l’82% dei consumatori beve amari/liquori dolci principalmente dopo i pasti (89% tra i soli Baby Boomers), mentre solo una quota del 10% (che sale al 14% tra i Millennials) li consuma soprattutto all’aperitivo. Il weekend, indicato dal 67% dei consumatori (78% tra i Millennials) è il momento di consumo preferito.
In merito alle motivazioni di acquisto, gli amari/liquori dolci da consumare in casa vengono scelti soprattutto in base alla marca (il 28% dei consumatori la indica come primo criterio di scelta) , mentre prezzo basso, origine e presenza di ingredienti specifici sono i primi driver di scelta solo per una quota minore di italiani (10%). Sulle modalità di consumo si predilige l’assunzione in purezza, non miscelata, senza ghiaccio (48%), a temperatura ambiente (31%), freddo con ghiaccio (21%).
I vini nella gdo
I vini a marca privata hanno venduto nel 2018 per 156 milioni di euro, riferisce la ricerca IRI per Vinitaly. Il parere dei buyer vino della Grande Distribuzione su aumento dei prezzi e flessione delle promozioni nel mercato del vino nei supermercati. I vini con maggior tasso di acquisto nei supermercati nel 2018 sono i vini di qualità Doc e Docg, gli spumanti, i vini biologici ed i vini col marchio dell’insegna distributiva. E la grande distribuzione si conferma come il canale di vendita del vino italiano di gran lunga più rilevante, con 619 milioni di litri per un valore di 1 miliardo e 902 milioni di euro. I vini Doc e Docg in bottiglia registrano il +5,3% nei primi mesi del 2019 (dopo una sostanziale tenuta nel 2018); gli spumanti il + 2,1%, i vini biologici il +18% (+ 11,8% gli spumanti bio); i vini a marca privata o marchio del distributore (MDD) in bottiglia il + 7% (dati 2018 a volume, ricerca IRI, iper+super+libero servizio piccolo).
La quota di mercato del vino MDD è arrivata al 14% di tutto il vino venduto nella Grande Distribuzione per un valore di 156 milioni di euro. I soli vini Doc e Docg a marca del distributore sono cresciuti dell’8%. Va sottolineata la crescita costante, negli ultimi anni, degli acquisti dei vini a marchio del distributore (MDD), cioè di quei vini che le cantine italiane producono su incarico delle insegne distributive.